Hylas and the Nymphs, John William Waterhouse

Non si inizia un lavoro per poi abbandonarlo invece di portarlo a compimento; un’opera iniziata, per quanto possa apparire insignificante, lasciata a metà, dimenticata, inizia a putrefarsi e ad avvelenare la volontà, come un cadavere che non viene sepolto appesta l’aria di tutta la casa. [„Il domenicano bianco”, Gustav Meyrink]

„Sei pronto?” – urlò il giovane uomo a Yakov, che si limitò, in risposta, a fissarlo, con uno sguardo che voleva dire: „Ero pronto da prima ancora che tu nascessi”. Aveva conosciuto i leggendari tuffatori di Acapulco.
L’elicottero si abbassò ancora un po’.
„Salta!”
Si tuffò ad angelo nel buio, come un Efesto che avesse voluto anticipare la vendetta di Zeus.
L’aria fresca, il nero della notte, il vuoto sotto di sé. Il sibilio delle pale, soffocato dal rumore del motore del velivolo, era come scomparso. Gli sembrò di udire una voce terribile chiamarlo dal fondo dell’abisso e il respiro gli venne meno.
Mentre precipitava si chiese quanto ci si poteva fidare degli uomini di M. A. S.
Avrebbe continuato a cadere per giorni e notti? Si sarebbe sfracellato sopra uno scoglio?
Neanche il tempo di formulare queste domande che si trovava in mare, a qualche metro di profondità.
Tornò velocemente in superficie, ascoltò l’elicottero allontanarsi mentre ammirava la falce bianca che illuminava lievemente il cielo nuvoloso; la Morte stessa sembrava sorridergli benevola. C’era ancora Tempo.
Il mare lo incalzava minaccioso. Non era il momento per le smancerie, si diceva: doveva raggiungere la riva.
Mentre nuotava si ricordò della volta in cui il cosacco salvò sua madre da annegamento certo.
Poi, vedendo una luce che gli segnalava la posizione da raggiungere, pensò a Sofia.
Era invece Grigory Aleksandrovich, il suo ex servo, con un sacca contenente dei vestiti asciutti, un asciugamano, una pistola ed un impermeabile.
Appena Yakov aveva raggiunto la terraferma, era cominciato un acquazzone.
„Sarà il cambiamento climatico di cui ciancia la Thunderstorm.” – borbottò fra sé. „Prima non pioveva, ora piove. Poi non pioverà. Impossibile negare che il clima cambi.”
„Da quella parte! Che Dio vi protegga.”
„Grazie, Grigory Aleksandrovich. Conosco i rischi che correte, sono in debito con voi.”
Prese la bicicletta e si avviò verso il Monastero di Artemisia, un luogo della cui esistenza non era nemmeno certo.
„Signora delle Selve!” – mormorò fra sé.

MARTA

Marta, una giovane cartomante a cui Yakov aveva deciso di far visita durante il tragitto, non era stata avvisata della sorpresa, e sebbene fossero passati alcuni anni dal loro ultimo incontro, non fu minimamente stupita di vederselo arrivare in casa nel cuore della notte.
„Di solito non dormo il pomeriggio ma oggi mi si sono chiusi gli occhi senza che potessi farci nulla e ho sognato che saresti venuto. Sono felicissima di vederti, Yakov.”
Marta era ormai diventata una donna ed era persino più bella di quanto Yakov ricordasse, o così gli parve nell’oscurità.
„Anche io lo sono, Marta.” – disse fissandola in quegli occhi di vetro che sembrava potessero scavargli nella mente e dopo una breve pausa aggiunse: „Sei stupenda.”
E benché lei fosse abituata ai complimenti, arrossì nel ringraziare Yakov.
„Tu… ti trovo molto bene… nonostante tutto…”
Yakov si chiedeva se le fosse arrivata qualche notizia sul suo conto ma concluse infine che no, dovevano essere stati quegli occhi ruba pensieri.
„Vieni dentro. Sembra che tu ti sia preso l’acquazzone in pieno.”
L’uomo mise ad asciugare scarpe ed impermeabile mentre la donna preparava una tisana calda.
Sul tavolo c’era un mazzo di carte nuovo ed una candela.

„Che possa nascerti un figlio prima del prossimo autunno? Sembra strano anche a me ma… aspetta… forse è un figlio di cui semplicemente ti assumerai la responsabilità, o, in qualche modo, un figlio ‘spirituale’.”
Yakov pensò istintivamente a Luka ma il tutto non aveva senso, già da tempo aveva preso su di sé la responsabilità del bambino, benché non fosse il suo. E ora che il matrimonio con Sara era saltato, non vedeva chi avrebbe potuto essere la madre. Quanto a lui, non gli sembrava certo il momento buono per mettere al mondo un essere umano. Forse, semplicemente, Marta si sbagliava.
„Sia quello che sia.” – tagliò corto Yakov, mettendo da parte le carte. „Non sono venuto per questo.”
Ma Marta vedeva molto di più e in maniera molto più accurata di quanto fosse disposta ad ammettere e condividere, e si turbò molto. Yakov lo notò e calò il silenzio.
Erano passati più di dieci minuti quando Marta disse timidamente: „Vuoi sapere di Sofia. Come ho riferito al tuo servo allora, ho avuto il piacere di incontrarla diverse volte. Era così innamorata…”
„Raccontami ogni cosa, ti prego.”
E per un istante gli parve di vedere, al posto del volto di Marta, quello di Sofia.

IL MONACO

Il monaco era seduto sulla sua sedia spartana. Due esseri femminili, più simili ad angeli che a donne, coi capelli lunghissimi e vestiti solamente della loro pelle, gli stavano preparando un intruglio.
Egli si rendeva conto che c’era malizia nei loro sguardi, nei loro movimenti, nei loro sorrisi, e continue allusioni nelle loro parole appena sussurrate. Se ne rendeva conto e provava un’irresistibile attrazione nei loro confronti.
„Un dio invidioso ci ha diviso. Ma noi possiamo riunirci.” – disse la nera, mostrando i bei canini.
„Allora neanche la Morte potrà nulla.” – confermò la bionda, avvicinandosi all’uomo ed accarezzandogli il petto nudo con due dita.
Mentre il monaco sorseggiava questo veleno al gusto di miele, qualcuno bussò alla porta.
Egli aprì gli occhi. Lacrime sembravano scendergli lungo il volto, o forse era il solco scavato da tutte le lacrime scese in precedenza.
Seduto su quella stessa sedia malridotta e traballante, con indosso dei sudici stracci che forse in un tempo remoto erano stati di colore bianco, fissò la porta. Aveva bussato qualcuno o era stato un sogno? Che il suo rifugio fosse stato scoperto?
„L’ebreo…” – mormorò, appena un attimo prima che Yakov ribussò alla porta di legno marcio.
„Venite avanti!” – comandò ad alta voce, dopo aver scavato nella memoria per qualche istante. Non parlava con un essere umano da molti anni.
Yakov aprì la porta. La stanza era illuminata debolmente da qualche candela, fuori era avvenuto un altro cambiamento climatico: alla notte era seguito il mattino, poi il pomeriggio ed infine si era di nuovo fatta sera. Scorse finalmente il monaco, e della sua fisionomia lo colpirono in particolar modo quelli che gli sembravano dei tagli di coltello che dagli occhi scendevano fino al mento. La lunga barba e i lunghi capelli neri che lui ricordava erano diventati ancora più lunghi, ma grigi.
Il monaco lo osservava silenzioso con i suoi occhi penetranti.
Yakov distolse infine lo sguardo, per ammirare l’austera stanzetta. Nell’angolo alla sua sinistra, gli parve per un istante di intravedere due figure angeliche, forse delle ombre riflesse dalla fiamma delle candele. Un topolino attraversò velocemente il pavimento per infilarsi in qualche fessura ed uscire nel bosco.
Su una mensola c’era una piccola statua in legno di una donna che allattava un bambino. Per terra una stuoia, e altri stracci a mo’ di cuscino. Sopra un tavolino della carne di coniglio essiccata, qualche bacca e delle ortiche, un coltello. Alle pareti erano appese una sega giapponese, un’ascia e una katana, a testimoniare che anche in quel rifugio era arrivata la civiltà.
„Che volete?” – chiese il monaco, notando che Yakov non si decideva a prendere parola.
„Vi avevo chiesto di non venire a cercarmi prima della fine del mondo! Ma forse è meglio così… io… devo chiedervi un favore. P a r l a t e, dunque!”
„Credo che la commedia stia giungendo al termine, il sipario sta per alzarsi. Non lo avete visto?” – si decise a dire infine Yakov.
„Che assurdità. Tutti lo hanno visto. Con gli occhi o nella mente. È bellissimo…” – ricordò incantato. „Ha dichiarato solennemente che siamo infine diventati tutti uguali, padroni e schiavi, sapienti ed ignoranti, oppressori ed oppressi, uomini e donne. Non c’è più bisogno della mummia di Lenin, del trans di Nur Sultan, dell’ONU. Ognuno sia il proprio sacerdote ed il proprio re! I confini tra le nazioni sono stati aboliti e con ciò le guerre sono finite. Tutti i nemici sono stati sconfitti, i terroristi eliminati. La Politica è amministrata saggiamente da Intelligenza Artificiale cosicché ogni mediazione è superflua. Democrazia diretta. Niente sprechi, nessuna corruzione. Non essendoci proprietà privata, non si pone nemmeno il problema della povertà… almeno contabilmente… così che altro rimane da risolvere? L’Inferno fu dichiarato inesistente già molto tempo fa, e che gran sollievo ci fu. La Famiglia, quale allevatrice di perversioni, è stata finalmente distrutta. I bambini vengono cresciuti in comune e del resto di molti sarebbe difficile indicare i genitori. La Religione, come la Filosofia, ha esaurito la sua ragione d’essere, avendo noi finalmente raggiunto la Verità. La liberazione sessuale, la fine del patriarcato! Tutti si amano, anche se – bisogna dirlo – spesso solo virtualmente. Guardate il lato positivo: almeno non ci si infetta a vicenda di quella malattia mortale che è la vita.
Gli eserciti sono stati sciolti. Intelligenza Artificiale ha stabilito che anche i corsi di arti marziali non sono più necessari; del resto chi li frequentava?
L’Informazione! Ogni cittadino del mondo condivide in tempo reale la situazione nel suo cubicolo; il numero e la forma delle crepe nel muro, la quantità di muffa. Ci informano persino se cade un po’ di intonaco dal soffitto. Dei giornalisti, che andarono in rovina quando scomparvero corruzione e sprechi, non si sente certo la mancanza.
Cosa rimane, allora? Cosa manca?”
„A parte un motivo per vivere in un mondo del genere, intendete?”
„Yakov Abramovich! Non fate lo spiritoso! Il Regno è arrivato, e non avrà Fine. Siamo diventati come gocce d’acqua nel mare dell’umanità, la dottrina individualista è stata annientata. Grazie alle traduzioni automatiche, parliamo infine la stessa lingua. E, ne sono certo, fra non molto le stesse traduzioni non saranno più necessarie. E poi parlarsi per dire cosa? La Torre di Babele è finalmente compiuta.
Eliminato il dolore da questa esistenza, abbiamo trasformato la giungla nel giardino. Raggiunto Dio, siamo diventati noi stessi degli dei. Lo credereste, guardandovi allo specchio?”
Benché non avesse un abbonamento attivo alla piattaforma Si-o-N, il monaco, nonché maestro di judo, sembrava aggiornatissimo sugli ultimi eventi mondani.
„Eppure è scritto: questo è l’inizio della loro opera. L’inizio, non la fine! Infatti l’argomento è discusso in Genesi.”
A questa obiezione di Yakov il monaco si fece pensieroso.
„Ad ogni modo, benché abbiate indovinato nella sostanza (dopo il Diavolo, vien la Torre), ha parlato di una Battaglia Finale.” – continuò Yakov.
„Perché non avrete scambiato il Diavolo con l’Angelo del Giudizio, io credo. Tutti i problemi sono stati risolti, è chiaro, ma sfortunatamente sembra che da altri pianeti si siano interessati alla vostra Torre e, forse essendone invidiosi, la vogliano distruggere. Che proporrà il nostro Agnello?”
„Avete detto Agnello invece di Angelo per qualche vostro gioco cabalistico; mi avete fatto pensare a quel vecchio stemma della società fabiana. Cosa volete che proponga?
Cieca ubbidienza, rinuncia ad una volontà propria. Distruggere l’ego – non recitavano così le cantilene New Age del secolo scorso? Agire per il prossimo, non per sé stessi. Eresia della separatività! Dal molteplice all’Uno. La strada è spianata, vi faccio i miei migliori auguri, benché sia certo che non ne abbiate alcun bisogno. Forse dovrei farvi già le mie felicitazioni.”
Yakov ascoltava in silenzio; il vecchio, dopo una pausa, riprese il suo monologo:
„Ma dite che, sebbene i problemi siano stati tutti risolti, si è presentata una minaccia esterna e l’unità del genere umano riceverà il suo battesimo nel Fuoco. E perciò rimando, giacché non sarebbe carino felicitarmi prima del tempo. Chissà che, con la giusta temperatura ed il corretto tempismo, non esca fuori qualcosa di buono. Vi garantisco questo: nessuna razza nell’Universo può sconfiggervi a questo punto. Ma io, Yakov Abramovich, non prenderò parte a questa recita, perché ho deciso di uccidermi. A questo proposito devo chiedervi un favore.”
„Vi ascolto.”
„Portatemi una donna.”
Ai tempi in cui lavorava presso l’amministrazione di Dnepropetrovsk, Yakov riceveva e gestiva moltissime richieste del genere, e nonostante gli ultimi scoinvolgimenti nella sua vita, aveva mantenuto alcuni contatti. Non fu perciò la richiesta in sé ad attirare la sua attenzione. Benché il monaco avesse formulato la richiesta in maniera dignitosa, per quanto sia possibile formulare richieste del genere dignitosamente, vi era qualcosa di quasi impercettibile nel tono del monaco che lo aveva scosso profondamente. Il monaco non gli ordinava, ma lo implorava.
E poi quale donna lo avrebbe seguito fino al Monastero di Artemisia, per essere abbandonata in balia di un vecchio pazzo, il quale oltretutto voleva porre fine alla propria vita? In cambio di quale ricompensa avrebbe fatto ciò, e chi avrebbe potuto pagarla?
„…Che non abbia più di vent’anni… e con qualche nozione di anatomia occulta. Ho deciso di sposarmi.”
„Neanche se avessi a mia disposizione tutte le agenzie matrimoniali del mondo potrei trovare un candidato del genere…” – ragionò Yakov tra sé e sé. Poi ebbe un brivido di terrore.


1 komentarz

BlackSwordmaster88 · 24 listopada, 2023 o 9:09 pm

ciao Nacht, sono tremendamente dispiaciuto per quello che è avvenuto al blog ): tuttavia il nuovo capitolo è davvero coinvolgente. Ho apprezzato (oltre ai tuoi ammiccamenti al pazzo mondo di oggi) le descrizioni così coinvolgenti da disegnare nella mia mente quel che accadeva. Rileggendolo è possibile apprezzare ancor di più quei passaggi questa volta più oscuri del solito. Bravo (:
Il monaco con l’ascia e la katana mi ricorda qualcosa (;

Dodaj komentarz

Avatar placeholder

Twój adres e-mail nie zostanie opublikowany. Wymagane pola są oznaczone *

pl_PLPolish